Ripartire con sapienza – Parte 1

Sempre più spesso in questi tempi si parla di riaperture e si preparano possibili scenari futuri. E’ un momento di grazia quello del sognare e del progettare la vita. Se ci guardiamo indietro scopriamo però di arrivare da un’esperienza molto importante che ha segnato in modo indelebile la vita di ciascuno e della collettività intera. Credo sia opportuna una lettura sapienziale e distaccata del momento che abbiamo vissuto. Provo, in punta di piedi, a suggerire alcune riflessioni.
La pandemia ci ha insegnato che ormai ciascuno di noi è inserito in modo inequivocabile in una rete di relazioni dalla quale non è possibile uscire. Siamo INTERCONNESSI gli uni gli altri. Ci siamo accorti che è impensabile oggi vivere come persone isolate e come singoli individui. La trasmissibilità del virus e la ricerca di soluzioni possibili ci ha mostrato che l’unica via perseguibile è quella del lavorare insieme. Siamo in un mondo globale che però ha mostrato tutte le sue carenze e le sue lacune. E’ impossibile oggi pensare di uscire dalla globalizzazione, ma essa a ciascuno di noi e ai responsabili della collettività di essere gestita in maniera diversa e con regole certe che valgano per tutti.
In questo periodo abbiamo potuto notare anche l’acuirsi delle POSIZIONI ESTREME. Abbiamo visto e apprezzato, l’operato generoso di molti uomini e donne che sono andati ben oltre il loro dovere, mostrando a tutti come la strada del volontariato, della generosità e della gratuità sia una strada ancora percorribile, ma anche una strada che richiede dei sacrifici. Abbiamo ben compreso che non si può essere benefattori senza rimetterci qualcosa di proprio. Il volontariato, così come la carità cristiana, chiedono sempre un prezzo da pagare e talvolta esso è alto. Non è possibile pensare di aiutare il prossimo senza rimetterci nulla. D’altro lato abbiamo visto anche l’acuirsi di posizioni estremamente egoiste, la chiusura di chi ha pensato unicamente a se, trovando talvolta delle falle nel sistema legislativo, e avvantaggiandosi in maniera egoista rispetto al resto della collettività. L’aggravarsi della situazione ci ha permesso di cogliere l’importanza di avere un grande equilibrio nelle valutazioni e nelle azioni personali e comunitarie.
In questa stagione abbiano riscoperto anche l’importanza delle RELAZIONI e di tutti quei gesti che accompagnano normalmente il nostro rapporto con gli altri e la nostra capacità di comunicare affetto. Ci siamo sentiti privati della grammatica dell’affetto. Il distanziamento sociale, la mascherina, l’impossibilità di entrare in contatto, ci hanno fatto comprendere che senza le relazioni umane non siamo nessuno. Da questa pandemia dovremmo uscire con la capacità di rimettere al centro le relazioni e la loro cura piuttosto che le cose da fare. Prima della pandemia eravamo arrivati al punto di ignorare l’altro e di sacrificarlo sull’altare della produttività. Credo che questa pandemia almeno questo debba averci insegnato: rimettere al centro l’uomo. Le relazioni che viviamo sono in particolare le relazioni di cui dobbiamo curarci. Per sua natura la relazione umana è dinamica e non statica, per cui non è mai possibile considerarla come un dato acquisito e vivere di rendita nelle relazioni umane. Esse necessitano di essere coltivate, alimentate, custodite, implementate… in una parola esse richiedono la nostra cura quotidiana.

di don Lorenzo Stefan

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