Due anni di Comunità Pastorale: il metodo di Paolo VI
“Docile all’invito della verità da conquistare, devo esserlo anche all’invito della verità da propagare. Non mi basti essere un fedele; mi sia doveroso essere un apostolo. Perciò amerò. Amerò ancora innanzitutto la Verità confidatami da Dio, chiedendo a Lui la grazia di difenderla, senza esitazioni, restrizioni, compromessi e di professarla, scevra da esibizioni, con pura libertà e cordiale fortezza di spirito, e di mostrarmi sempre coerente, nel pensiero, nella parola, nell’azione. Ma gli altri non si accorgano facilmente di questa interiore offerta alla Verità, e solo s’avvedano che i miei rapporti con essi sono sempre improntati ad una grande umiltà, ad una grande bontà”. (Paolo VI, 1930).
Giovanni Battista Montini, poi Paolo VI, all’età di 33 anni, mentre era assistente della FUCI (federazione universitaria cattolica italiana), scrisse un breve ma intenso programma di vita personale. Ho riportato solo alcune delle parole che ritengo maggiormente significative anche per noi oggi e vorrei brevemente fare due considerazioni.
La prima considerazione nasce dall’evidenza evangelica da cui nascono queste parole di Paolo VI. Sembra di risentire alcuni brani della scrittura, in particolare del vangelo di Marco dove Gesù chiama i discepoli “perché stessero con lui e per mandarli ad annunciare il vangelo”. Paolo VI si è messo in ascolto della Parola di Dio, capace di generare conversione personale e comunitaria e ha cercato di fare sue queste tensioni evangeliche: stare con Gesù e annunciare il vangelo. Dentro questa tensione positiva si è svolta la sua vita di credente e di pastore. Il continuo rimbalzarsi fra la preghiera e la carità rende efficace il dono della fede. San Paolo sottolinea questa tensione parlando della fede che è morta senza le opere. Credo che dobbiamo recuperare anche oggi questa bella tensione che il vangelo ci propone e interpretare la nostra vicenda comunitaria e personale all’interno di essa. L’amore per la verità, e in ultima analisi per quella verità che assume il volto di Gesù di Nazaret, è quindi il primo richiamo che oggi ci viene rivolto in maniera sintetica ma altrettanto forte.
Una seconda considerazione viene poi dall’approccio pastorale. Paolo VI nello scritto afferma chiaramente che questo amore per la verità “non deve essere notato” dagli altri che invece vanno incontrati nel campo della loro vita. Gli altri, credenti e non, dice Paolo VI, “non s’accorgano di questa mia offerta alla verità.” E’ straordinario il metodo pastorale proposto. La fede si incarna nel bene e nella generosità che diventano linguaggio comune e luogo di incontro con chiunque. Oggi più che mai siamo chiamati ad incontrare ogni uomo e ogni donna che vive nel nostro tempo diventando a nostra volta come Paolo VI , uomini e donne di dialogo. Il vangelo, non esibito come una bandiera, diventa invece il sale capace di dare sapore cristiano e pienamente umano ad ogni incontro che si vive. Credo opportuno prendere in considerazione seriamente questo metodo di paolo VI perché ci libera dai pesi delle tradizioni, del “si è sempre fatto così”, e ci conduce lungo la via dell’incontro anche su terreni finora sconosciuti o poco frequentati come credenti e come chiesa. All’apostolo è chiesto quindi di cercare l’uomo là dove esso si trova, di incontrarlo e di collaborare con lui senza avere la pretese di fare proseliti ma con la gioia di chi opera in questo mondo con una vita che gli è stata rinnovata dallo Spirito. L’ansia pastorale non è quindi primariamente quella di portare qualcuno in chiesa, ma quella di poter incontrare persone che si accorgano attraverso i tratti di una umanità rinnovata che la fede può essere davvero significativa. In questo senso allora possiamo percorrere ogni strada possibile e immaginabile per incontrare le persone, dialogare e collaborare con loro portando nella nostra vita e nella loro esistenza il sapore del vangelo.
La tensione evangelica e il metodo pastorale ancora oggi sono fondamentali per la vita del credente e della chiesa. Come comunità pastorale siamo invitati ad accogliere il suggerimento offerto dal nostro santo patrono San Paolo VI.
di don Lorenzo Stefan