Pentecoste: il dono dello spirito
Il tempo della Pentecoste si apre davanti a ciascuno di noi e di fronte alla comunità cristiana intera come il tempo dello Spirito. E’ il modo nuovo di Dio di essere presente in mezzo a noi. Grazie al dono dello Spirito Santo, noi oggi ancora possiamo incontrare il Padre attraverso il volto rivelato del Figlio.
Mai come in questo periodo la parola “novità” ha riempito il lessico di molte persone. Anche Dio sceglie un modo nuovo per incontrarci e per incontrare l’uomo: la presenza dello Spirito Santo.
Il dono dello Spirito Santo e il tempo della Pentecoste ci richiamano quindi all’urgenza di una novità di vita. E’ proprio questo il tempo in cui il credente guidato dallo spirito di Dio, accende la fantasia e l’inventiva per trovare modalità nuove e magari finora inespresse per amare se stesso, il fratello che incontra e Dio. Il vangelo di Marco ci dice tutto questo in modo egregio quando presenta il comandamento dell’amore: “Gesù rispose: Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi.” (Mc 12,29-31).
L’indicazione del vangelo è chiara. Siamo chiamati ad amare il Signore lasciandoci guidare dallo Spirito e imparando anche stili di vita diversi, facendo crescere la nostra capacità di preghiera non solo dal punto di vista quantitativo ma soprattutto dal punto di vista qualitativo. La novità della fede che ci viene richiesta dal vangelo non significa assolutamente vivere atteggiamenti stravaganti o legati a qualche forma di settarismo che confonde la devozione filiale dovuta al Signore con atteggiamenti di fanatismo religioso spesso legati più al desiderio di mettersi in mostra e di distinguersi dagli altri che da una fede reale. La novità della propria vita di fede consiste piuttosto nell’imparare a riconoscere sempre meglio il volto del Padre attraverso Gesù. Strumento privilegiato e necessario per questo itinerario è certamente la Parola di Dio.
Il vangelo ci chiede di amare il fratello e di dedicare ad esso lo stesso amore che abbiamo verso noi stessi e che vorremmo ricevere. Questo tempo della ripresa è occasione preziosa per rimettersi in gioco e produrre atteggiamenti nuovi di vicinanza e di attenzione nei confronti di chi ha maggiormente bisogno ed è in necessità.
Il vangelo chiede anche a ciascuno di noi di praticare la virtuosa arte del volersi bene. Non è sempre scontato e assodato il fatto che ciascuno si prenda cura della propria vita e si ami a tal punto che il vangelo prenda quel metro di misura per fissare l’altezza dell’asticella dell’amore verso il prossimo. In occasione della Pasqua ho scritto la preghiera “permettiamoci la gioia”. Oggi vorrei dire: “permettiamoci la felicità”. Non si tratta della felicità dovuta al possesso delle cose o alla posizione sociale o a qualsiasi altra forma che in qualche maniera richiede il riconoscimento da parte degli altri. Qui stiamo parlando invece della felicità che scalda e che riempie il cuore di ciascuno. Lasciamoci guidare dallo spirito di Dio anche in questo percorso per nulla egoistico ma rispettoso del dono prezioso della vita che il Signore ci ha regalato. Permettiamo a noi stessi di essere felici, cercando nei limiti del possibile di prenderci cura del nostro corpo, del nostro spirito, dei nostri desideri, dei nostri affetti. Probabilmente si spalancheranno davanti a noi inattese possibilità di felicità. Magari sarà necessario avere il coraggio di esprimere i nostri progetti, le nostre attività, i nostri sentimenti senza vergogna o timore di venire derisi. Non è escluso che questa condivisione possa portarci a scoprire che anche chi abbiamo di fronte desidera condividere il nostro desiderio e questo potrà in qualche maniera sorprenderci e portarci a forme di condivisione insperate. Troppe volte la trascuratezza o il timore entrano a far parte del nostro vivere, e questi atteggiamenti ci privano della reale possibilità di essere felici. Prendiamoci cura anche di noi stessi e permettiamoci almeno la possibilità di essere felici. Se è importante amare, ancor di più è importante sentirsi amati e lasciarsi amare. A volte è anche opportuno osare domandarlo. Quando permettiamo a qualcuno, o magari addirittura gli domandiamo di prendersi cura di noi e di amarci, allora ci stiamo prendendo cura della nostra vita perché desideriamo che essa sia ricolma di amore, allora stiamo scegliendo la via della felicità.
Il coraggio di amare e l’audacia del lasciarsi amare ci condurranno certamente lungo sentieri inattesi di felicità.
di don Lorenzo Stefan